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tutta la notte della vigilia di Sant’Antonio per sentire ciò che esse dicevano. Difatti alla mezzanotte precisa un bue si alzò e disse:
— Il padrone...
— Morrà... — rispose subito una vacca; e un altro bue concluse:
— Domani...
Il padrone scappò inorridito e vagò a lungo nella notte gelida. L’indomani lo trovarono svenuto sull’argine del Po; lo portarono a casa, ma dopo qualche ora di febbre violenta morì...
Le donne si guardavano fra loro e ridevano, ma un lieve fremito di terrore vibrava nelle loro risate: la piccola Bustighina sollevò il viso dal suo fuso, ma uno sguardo imperioso della Caterinin glielo fece riabbassare.
La conversazione languiva: era una serata fredda, nebbiosa, e tutti sembravano preoccupati.
Finalmente i vecchi si ritirarono e solo il bifolco ed il famiglio s’indugiavano giocando a carte.
Fancin fissava le sue e si morsicava le labbra rosee per non ridere; ma la dama di picche, alla quale egli pareva ripetesse la storiella di Sant’Antonio, gli sorrideva beffarda col suo viso giallo stretto fra due raspi neri, e il fante di cuori col suo berrettino rosso, la piuma, i lunghi baffi violetti, era così buffo che infine Fancin scoppiò. Fu una risata rumorosa, ma breve, Cesar sotto la panca gli aveva schiacciato un piede.
— Fancin, sei più scemo del solito! Va a
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