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scienza nel tumulto delle tentazioni. Ma Fancin dietro la vacca approvava anche quella voce. Bene, bene, tutto può servire ai fini dell’uomo furbo.
Fancin era persuaso di essere quest’uomo. Nei giorni seguenti, mentre le donne non facevano che ridere alludendo velatamente al loro progetto, — i conigli della Bustighina, la farina del mugnaio, le bottiglie, i salamini, i morti, le bestie, la vigilia di Sant’Antonio, tutto era per loro oggetto di scherzo e di allusioni allegre, — Fancin sorrideva fra sè, con l’aria fra beata e inquieta d’un amante che sente approssimarsi l’ora d’un convegno agognato.
Il venerdì mattina, vigilia di Sant’Antonio, Cesar il bifolco sorprese il famiglio nel fienile sopra la stalla in attitudine sospetta. Toltasi la giacca ch’era lunga un metro, Fancin ne aveva distaccato la fodera, e adesso in maniche di camicia nonostante il freddo, praticava un buco nel pavimento, sollevando due mattoni già smossi, ma poi lasciandoli, appoggiati ai travicelli del soffitto della stalla. Il bifolco, un uomo secco e dritto di corpo e d’anima, era lo stesso che una volta, ad un frate questuante che domandava del frumentone, aveva presentato con bel garbo una zappa dicendogli:
— Volete del frumento? Ebbene, eccovi una buona zappa; prendetela: venite meco a zappare; e poi ricordatevi che c’è da fare la incalzatura, la battitura; e poi c’è da portare i cartocci sul fienile... e poi se il vostro buon Dio farà venire la pioggia quando occorre, in modo
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