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Una sera di gennaio Fancin il famiglio, che sonnecchiava nascosto fra la parete della stalla e i fianchi caldi ed elastici della vacca rossa stretta a sua volta dai mucchi grigi e neri delle sue compagne, fu svegliato dalle voci delle donne che parlavano di Sant’Antonio abate protettore delle acque, del fuoco e delle bestie. La voce maschia della vecchia padrona pronunziava anche il nome di Fancin; Fancin quindi stette immobile ad ascoltare.
— No, le bestie non parlano; miracoli non ne accadono più, Sant’Antonio abate è in collera con la gente ladra, coi comunisti che non rispettano la roba altrui. Il nostro Fancin, del resto, un anno, mentre nella piazza si faceva la benedizione delle bestie, vide Sant’Antonio volger la testa indietro come per dire: benedite, benedite pure, a me non importa niente!
— Fancin non fa altro che burlarsi del prossimo — disse una voce aspra. — A diciott’anni, grande e grosso com’è non pensa che a ridere e a dir bugie.
— E a dormire e mangiare...
— Ah, brutta stirpe... — mormora Fancin dietro la vacca rossa: ma a difenderlo pensa
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