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sere di giugno, se ella si affacciava alla finestra; il nemico sobbalzava allora dalla profondità del suo spirito come da un cespuglio di rovi, e la rivoltella non bastava a difenderla, anzi passava nelle mani dell’assassino e diventava un’arma demoniaca. Poichè oramai era destinata alla vendetta, e Giovanna aspettava solo l’occasione favorevole per poter uccidere con sicurezza l’uomo che l’aveva tradita.


L’occasione si presentò appunto quella sera: ma in maniera così favorevole da sembrare un sogno. La serva era già andata a letto, non essendoci quella notte probabilità per la padrona di uscire: e questa finiva di fare i suoi conti sul piccolo registro quando uno dei vetri della finestra verso il ciglione parve incrinarsi. Qualcuno aveva buttato una pietruzza: la lieve vibrazione della lastra colpita si ripercosse nel sangue di Giovanna con una violenza quasi di terrore. Ella riconosceva quel segnale: quel segnale che aveva creduto di non sentire mai più nella sua vita, sebbene appunto nei sogni crudeli la ferisse come una freccia avvelenata.

Anche adesso, dunque, le sembra di sognare: sotto l’arco ombroso delle sopracciglia maschie, gli occhi s’aprono con fissità di spavento: il segnale si ripete. È lui, che, come un tempo, l’avverte della sua presenza.


Dopo il primo turbamento, ella pensò che potesse essere qualche altro: forse un ragazzo ancora in giro, con quella bella notte già estiva. Ma il cuore non la ingannava. Il colpo si ripetè


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