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Piegata sul suo piccolo registro, la signorina Giovanna, levatrice, faceva i conti dei suoi proventi mensili. Era, nel pietroso paese di montagna, la sola donna che, oltre la maestra di scuola, guadagnava: anzi, quella che guadagnava di più. Ed era bella, giovane, forte: e, anche questo conta, onestissima. Eppure il fidanzato l’aveva piantata: perchè la famiglia di lui, sebbene povera e a suo carico, cioè del suo magro stipendio di segretario del Comune, non solo si era opposta ai suoi progetti amorosi, ma lo aveva persuaso a sposare una cugina, anche lei senza dote e per di più malaticcia: così l’onore della casta era salvo.

Poichè la signorina Giovanna, di altro paese, era figlia, si diceva, di un domatore di cavalli.


Si era di giugno: mese laborioso, per lei; i paesani del luogo si sposavano quasi tutti a settembre, forse perchè cominciava il fresco forse perchè le raccolte erano finite e le vigne non allignavano nei terreni intorno, forse perchè ricorreva la festa del paese. Giovanna aveva assistito tre spose novelle e una matrona al suo decimo figlio: e poi ce n’erano altre, e fra le


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