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avevano la grandiosa maestà di cupole di cattedrali, che attiravano la curiosità vibrante dei due ragazzi. Ce n’erano tante, e ciascuno poteva a suo agio ficcarci dentro la mano o magari la testa: invece no: appena Romolo cominciò ad esplorarne una, Remo lo respinse, lo sopraffece, si impossessò esclusivamente lui della buca.

— Ti ci caccio dentro la testa, in modo che non potrai levarcela più — disse l’altro, scuotendolo con furore. Subito però si calmarono; poichè nel sentiero si avanzava un uomo vestito di nero, con un berretto a visiera e una grande barba grigia; pareva il padrone del bosco. Essi lo conoscevano bene, ed anche lui li conosceva altrettanto. Era un’antica guardia campestre, adesso in pensione, che non avendo altro da fare continuava per conto suo a ispezionare il castagneto, perseguitando i monelli e le coppie amorose che lo frequentavano.

— Che fate qui? — domandò con voce minacciosa.

— Siamo qui... siamo qui... col permesso della mamma.

— Già, — brontolò il vecchio ricordando, — vi avranno levato di fra i piedi. Ho sentito dire che alla pensione c’è un morto.

Il maggiore dei fratelli spalancò gli occhi; l’altro invece colse la palla al balzo e disse:

— Sì, è morto quel signore grosso e rosso, arrivato avantieri: ha mangiato troppo, perciò tutti sono corsi a vederlo. Allora la mamma ha detto: andate nel bosco, finchè non lo portano via.


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