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sua condanna: ma quando gli fu domandato se ripartiva, si sollevò sulla fedele vanga e disse, accennando il pino:

— Se mi sarà permesso costruirò là sotto una tettoia per passarci la notte, adesso che non dovrò più tutte le sere presentarmi alla polizia e chiudermi in uno stambugio vigilato dalla ronda: questa sarà la mia partenza.

Gli fu dato il permesso di costruire la tettoia: le pietre non mancavano; mancava il legname; e del pino non si doveva toccare una fronda: ma egli fabbricò mattoni e tegole, col fango impastato e cotto da lui con un suo speciale segreto; e andò lontano in cerca di canne, e di giunchi, coi quali, intessute solide stuoie, ricoprì il tetto della primitiva costruzione.

Un giorno, in ottobre, si andò a vedere questa nuova meraviglia. E meraviglia era, per averla fabbricata con le sue sole mani e l’aiuto della natura, un uomo debole, già quasi vecchio, che si nutriva di sole erbe come un eremita. Non una tettoia, ma una vera casa egli aveva costruito: due camere, con finestre, porte, focolare, giaciglio, sedili. Di sedili aveva provveduto anche lo spiazzo davanti rinforzato da una cintura di sassi nelle cui incavature aveva piantato, come in vasi naturali, piantine di rose selvatiche e felci e prunalbi. Anche intorno al pino si ripeteva la stessa decorazione; e sul rialto rotondo cresceva l’erba, e in mezzo all’erba e agli aghi dorati che cadevano dalla pianta, pareva si posassero strani uccelli, alcuni con le ali verdognole chiuse, altri con le ali scure aperte; erano le pigne, che egli aveva lasciato sul posto


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