Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/172


sarebbe accusata. Ed egli attinse da quei fondi segreti il necessario per vivere i primi tempi dopo la fuga; poi pensò con abilità volpina al modo di disperdere le sue tracce: sarebbe andato a piedi fino alla prossima stazione, non eccessivamente lontana dalla città dove egli viveva.

La strada la conosceva bene: la fortuna lo aiutava: il padre assente per affari, dalla parte opposta dov’egli si dirigeva; la madre ad un ricevimento che sarebbe finito tardi. Egli non pensava alla disperazione di lei, sola in casa, nell’accorgersi della fuga di lui: gli spiriti forti e avventurosi devono essere duri, se occorre anche crudeli: ed egli credeva di essere già un forte.


Cammina cammina, intanto faceva di tutto per nascondersi ad ogni incontro; e gli era facile, perchè la strada, tutta svolte, serpeggiava fra poderi assiepati, e ogni tanto aveva, come un fiume gli affluenti, scorciatoie e viottoli che si perdevano nel fitto delle vigne e dei frutteti. Frutteti estesi come boschi, che odoravano di pesche e di pere, del cui colore le casette dei coloni sembravano tinte: e tutto intorno era quieto, arioso, felice di offrire la sua pacifica ricchezza: solo l’anima del fanciullo si chiudeva sempre più in un’aridità stanca e senza sfondo.

Egli aveva calcolato male la distanza, percorsa sempre, prima d’allora, in bicicletta o nella macchina del padre: non finiva mai, adesso la strada; ed egli temeva già di non ar-

162 —