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vecchio malato mi accennò di avvicinarmi: con un vago terrore mi avvicinai, prendendo, per istinto di difesa, l’atteggiamento della vecchia mendicante, alla quale neppure satanasso avrebbe potuto far male.

Il professore non mi vedeva: non vedeva nulla: i suoi occhi erano vuoti come quelli delle statue. Domandò:

— La vecchia è morta?

— È morta.

— Allora dirai a tuo padre che la stanza della legnaia appartiene a noi, a me. Lui lo sa benissimo, l’usurpatore. Pensi dunque a restituirla: altrimenti son liti, avvocati, tribunali.

— Corbezzoli! — disse il mio babbo, nel sentire l’ambasciata: poi si volse a mia madre: — Tu sai che l’infelice, non si sa bene per quale ragione, s’è dato a bere.

Fatto sta che le mendicanti continuarono a frequentare il rifugio, ma con paura: paura del professore, che passeggiava sempre nel suo orto pieno di ortiche, scompigliandosi i capelli con la mano irrequieta; paura di un essere quasi inumano, che, senza ragione, per uno di quei terribili misteri della vita, aveva smarrito la sua limpida strada.

E una sera egli saltò il muricciuolo, perdendo una pantofola, e, senza darci il tempo di fuggire, venne a piantarsi davanti al nostro gruppo impaurito e tuttavia felice dell’avventura: piegò la testa, che sembrava irta di spine; la sollevò con fierezza, sporse il mento e chiuse gli occhi. Disse:

— Dio era buono e di buon umore quando


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