Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/154


pagna autentica, che fa dimenticare di essere al limite di una stazione balneare, un tempo primitiva e quasi esclusivamente riservata ai contadini abbrustoliti che il giorno di San Lorenzo vi facevano sette bagni trascinandosi appresso le loro cavalcature, adesso diventata di mezzo lusso, col suo bravo Grand Hôtel maestoso eppure bonario, con le sue dame come il Re Marco con Isotta la bionda: coi suoi eccellenti premî letterari: infine col suo periodico illustrato, fonte di gloria o di mortificazione per i personaggi dei suoi elenchi mondani.

Il piacevole, di queste spiagge arriviste, alla conquista di una ricchezza stabile, è quello di trovarsi fra due mondi del tutto diversi: ti volti verso il mare e vedi la spiaggia popolata di bellissime donne quasi nude, e sul metallo del mare, fra le rosse e dorate paranze dei rudi pescatori adriatici, la sagoma di imbarcazioni eleganti con a poppa uomini ricchissimi, cantanti, artisti celebri: ti volti dal lato opposto, e i tetti bassi di vecchie tegole, coi comignoli fumanti, il grido delle anitre, le voci gravi della terra, ti rimandano al tuo villaggio natio, al quale si torna volentieri col pensiero, specialmente quando si ha la sicurezza di non rivederlo mai più nella realtà.

Di notte, poi, l’incanto è maggiore, se la luna, nascosta dalla fascia dei pioppi, pare immersa nell’argento del mare, e si sente un fruscio come di canneti animati di spiriti notturni, o, se il mare ha le sue inquietudini, un lontano suono di organo che le comunica al nostro cuore, egualmente profonde e indefinibili. Purchè il caldo

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