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Era una domenica, di novembre. La serva del Paradiso doveva avere anche lei, per l’arrosto festivo, spennacchiato piccioni e pollastrelle, perchè il cielo, bianchiccio come un’aia pulita, era sparso di piume violacee e lionate. La stiratrice del quartiere, che quel giorno non doveva lavorare, lavorava il doppio: aveva lavato, nella vasca per il bucato, i suoi sette bambini, li aveva cambiati e, con in mano ciascuno un pezzo di pane e una fetta di ricotta, lasciati uscire nella strada: e adesso lavava le loro vesti, nell’acqua insaponata e oleosa del loro santo sudiciume. Aveva mal di denti, ma era contenta lo stesso, perchè il marito stagnaio aveva mandato i soldi dall’Africa; e orgogliosa dei suoi bambini sani e puliti, che si erano addossati in fila, come in un altorilievo, sul muro color creta del giardino del Commendatore: le pareva, anzi, di sentire una voce cantare, in lontananza, nella lontananza della sua fanciullezza con un tono dolciastro e irreale come quello del cielo sopra il giardino: era la radio del Caffè del Dopolavoro, in fondo al campo del pattinaggio.
La strada è di tutti. E dunque uscirono ben
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