Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/140


silenzio della sua; un silenzio che va di camera in camera come un fantasma, e se si ferma presso qualche mobile facendolo scricchiolare sinistramente. È il silenzio stesso della morte.

— Gioachino... — comincia, e vorrebbe mentire, dicendo che, sì, Gioachino ha scritto, ultimamente, che sta bene, lavora, campa; che lei naturalmente da buona madre lo aiuta come può e lo invita a ritornare presto, a crearsi anche lui una famiglia, a rianimare, a far rivivere la casa morta.

Ma il suono stesso di quel nome, da molto tempo non pronunziato, le sembra quello di un’eco; e, per la prima volta, le si presenta chiara l’idea che Gioachino sia morto: è il suo spirito, di ritorno dalle terre lontane, che va in camera, nella casa vuota.

Nascose il denaro in uno dei tanti suoi ripostigli. Non lo metteva alla Banca perchè aveva paura: pezzi di carta per pezzi di carta meglio quelli che si possono spendere subito. Ma dove spenderli? Non lo sapeva neppure, come spenderli; e i soli che andavano a prendere aria, con suo grande affanno, erano quelli delle tasse. Eppure la visita e le notizie dell’uomo del sughero le avevano lasciato un’insolita inquietudine. Vedeva la casa di lui piena di gente, le donne che allattavano, o gramolavano la pasta; i giovani che alla festa tornavano mezzo brilli e con le tasche vuote, ma facevano ballare sul ginocchio il loro primo bambino, augurandosi di farne presto ballare un secondo sull’altro ginocchio.

Finalmente ebbe un’idea: tentare di aver no-

130 —