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mante, ad accompagnare, con lo scoppio che provocano, le risate elegantemente perverse delle donnine già un po’ ebbre; ed anche nei cordiali simposi degli umili, dove la padrona ha cura di non buttare il turacciolo che può servire ancora.

Gli alberi padri di tanta chiassosa ricchezza rimangono fermi sulle loro profonde radici, scorticati e sanguinanti come martiri; ma a poco a poco l’aria balsamica li risana, la natura li riveste pietosa d’un primo velo poroso come la garza che avvolge le piaghe; i ciclamini e i funghi calpestati si risollevano ai loro piedi e la pernice d’oro svolazza fra i loro germogli. Un’altra êra deve passare prima che vengano di nuovo martirizzati; e donna Giacinta, in quei sette anni di abbondanza, nasconde le migliaia di lire ricevute dal loro fecondo sacrifizio, in ogni angolo della casa. Con qualche lastra di sughero sottratta al negoziante, il pastore porcaro ha, intanto, fabbricato non solo tutti i recipienti, le tazze, i vassoi necessari all’ovile, ma anche quelli che fanno comodo alla sua padrona: vasi cuciti col filo forte della pelle d’agnello, e tappati ermeticamente, vasi più grandi, concavi, buoni per lavare la roba di casa; recipienti per mettervi ad addolcire le olive, e altri più grandi ancora per la farina lievitata; e tazze per bere, secchie per attingere l’acqua, catinelle per lavarsi i piedi. Il sughero è amico dell’acqua e del vino, al quale serve da tutore fino all’ora della maggiore età e spesso anche fino alla più grande vecchiaia; è amico del fuoco che alimenta con prontezza devota, è amico dei bam-

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