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La mia prima e sola amica si chiamava Biancofiore: ed è stata la prima e sola persona al mondo che io abbia cordialmente invidiato. Il padre era medico, ma anche studioso di lettere: di qui forse il nome della sua unica figlia. La madre, una nobile decaduta, ma autentica, di antica origine spagnuola, non usciva mai di casa, bianca, fredda e taciturna più di una monaca di clausura. E anche lei, Biancofiore, cresceva col suo nome, come crescono i fiori col loro e non si può immaginarli con un altro: la rosa è la rosa, la giunchiglia è la giunchiglia. Biancofiore aveva il pallore diafano della gardenia, incoronato dal nero corvino dei capelli lisci e iridati; e anche gli occhi erano scuri, ma di quel bruno meridionale, lampeggiante di sole, con le sopracciglia che restano nere anche nella più tarda vecchiaia.

La casa del dottore era nuova e bella, con tende di merletto alle finestre, lo studio di lui con grandi vetrate, e intorno un giardino piccolo, ma colorato di fiori rari. Piante di gelsomino rivestivano il muro di cinta; una ghiaia fina e preziosa come polvere d’oro perchè fatta venire da una spiaggia lontana ricopriva i viali;


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