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Dove era l’officina di Michele Paris il meccanico? Da due ore il suo compaesano ed amico, chiamato anche lui Michele, inutilmente e faticosamente la cercava. Qualche tempo prima il meccanico aveva scritto alla madre, assicurando di trovarsi bene, di lavorare in una grande officina, della quale dava l’indirizzo, di guadagnare abbastanza per vivere, d’andare al cinematografo ed anche alle partite di calcio. Era una specie di rivincita che egli si prendeva, poichè era scappato di casa, con qualche soldarello si intende, non garbandogli l’umile mestiere di fabbro per ferri da cavallo, del suo severo genitore: il quale nei primi tempi minacciava di fracassargli la faccia col martello se riusciva ad acciuffarlo. Adesso le cose si erano dunque placate; Michele aveva mandato anche una sua piccola fotografia, coi capelli rossi impomatati, la spilla alla cravatta, il fazzolettino che si affacciava alla tasca della giacca. Non si dubitava nemmeno che egli un giorno non sarebbe diventato padrone di un’officina e magari di un’automobile. Il primo a crederci era l’altro Michele, quello che adesso da due ore lo cercava per le strade della città.
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