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Ma il vecchio era testardo: aveva piantato il bastone fra due pietre e lo guardava, come aspettando di vederlo d’improvviso germogliare.
— Capisco, Gregorio: non ci hai neppure la cartucciera, neppure il carniere nè la zucca dell’acquardente. Ma a te, che ti fa? Hai le gambe di puledro e le pietre si scostano per farti passare. Va su, dammi retta. Pare sia una femmina, perchè è rossa e nera: sono più onorevoli da cacciarsi, le femmine del cinghiale. Va, va: non è la giornata della grande bufera, quando anche le querce si schiantarono: ma le belle giornate sono più onorevoli, per un bravo cacciatore. Va, va: andate con Dio.
E tirò un’orecchia alla cagna, che guaì di gioia e poi abbaiò verso il padrone. E fu adesso il padrone a sentire un brivido: come in un miraggio di vapori fulgenti rivide tutto il suo passato; l’adolescenza selvaggiamente bella, la prima gagliarda e audace giovinezza, la caccia all’aquila, le feste col fratello, il canto e gli amori. Poi tutto sparve; la sua ombra deforme, ai suoi piedi, gli pareva la sola vera sua persona: ma quando il vecchio se ne andò, tirandosi su la sacca dalla quale, nella sua povertà e nel suo ricordo fedele, aveva gettato il buon seme della carità umana, il padrone ricordò anche il giorno della grande bufera, quando aveva lottato coi venti e con le aquile.
Ed egli va su, su, oltre il poggio, fino alla località del monte detta della Pietranera.
Questa pietra, nera davvero come un enorme blocco di carbone minerale, stava affondata tra
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