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— Che ti sii smarrito, diavolo? Un giovane come te, un galantuomo, un leone? Puah!
Il sonno lo riprendeva, con sogni confusi, dolci e paurosi nello stesso tempo. Gli pareva di trovarsi nella sua grande cucina, sulla grossa stuoia di giunchi. Non poteva muoversi: aveva i piedi pesanti. La giovine serva lo accarezzava, ma le sue mani erano fredde gelate, e gli agghiacciavano il viso.... In fondo alla cucina s’elevava una muraglia di neve.
— Bisogna bere ancora....
Nel curvarsi per prendere il flaschetto dalla bisaccia s’accorse che sopra il suo piede la neve aveva deposto un piccolo cono.
— Ecco perchè ho i piedi pesanti. È strano; mi pare che io abbia freddo. Io? Vergògnati, Maureddu Corrias, vergògnati di aver freddo.
Bevette, scosse le gambe, e si guardò attorno. Era già notte: una notte chiara senza luce, senz’aria, senza orizzonte: una nuvola. Ma la muraglia là, in fondo, era diventata grigia, con un punto rosso nel centro. Il cavallo, che ora affondava fin quasi a metà gamba nella neve morbida come spuma, si dirigeva verso il punto rosso.