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— Va meglio, il padrone? — domandò Nofre, che stava seduto per terra, coi piedi nudi parati al fuoco e le ghette rialzate sulle gambe rosse e pelose.
— Sì, si assopisce.
— Ebbene, vada piuttosto lei a riposarsi; si riposi lì, sul canapè, veglio io.
— No.
— Sì. Lei è stanco.
— No, — egli ripetè. — Fate quello che dico io.
— Ma.... come vuole.
Andrea ritornò al suo posto, e di là vide i servi coricarsi e addormentarsi; anche zio Verre dormiva.
Ecco, tutto fu silenzio.
Allora Andrea s’alzò, attraversò la camera in punta di piedi e chiuse l’uscio di cucina. I cardini emisero nel girare un sottile stridìo, ma egli non si turbò. Tutte le cose procedevano come egli le aveva immaginate; gli parve di aver preveduto anche il sottile grido dell’uscio.
Stette ad ascoltare se i servi si movevano; non udì nulla, e ritornò vicino al letto: zio Larentu dormiva e il suo respiro era calmo, il viso riprendeva il suo colorito naturale.