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via con un altro servo, appena giunsero allo stazzo.

Andrea fu introdotto subito nella camera del malato. Vegliavano zia Coanna e la serva dalle treccie nere, pallidissima e tremante. Zio Larentu, coricato vestito sul letto, teneva gli occhi spalancati, immobili, pieni dì terrore: in quel momento egli aveva piena coscienza di sè, ma il terrore degli accessi provati lo irrigidiva ancora; e temeva di riaddormentarsi perchè appunto col sonno sopraggiungevano le orrende visioni del delirio.

Andrea s’avvicinò, posò una mano sul guanciale e si chinò sul malato.

— Che cosa avete? — domandò.

Zio Larentu lo guardò a lungo, con quei suoi occhi dilatati, pieni di spavento; e parve non riconoscerlo.

Andrea sentì qualche cosa agitarglisi entro il petto e chiudergli la gola; e con meraviglia s’accorse che, invece di disgusto, come aveva temuto, suo padre gli destava pietà. Quegli occhi, quel viso, come erano tristi!... Zia Coanna s’avvicinò, si chinò anche lei sul malato.

— Eccolo che è venuto, non lo vedi? — disse, — Non riconosci questo giovine?