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— Ah, non dica così! Venga, venga! Se non viene lei, chi vuole che venga?
Queste parole colpirono lo studente. Anche zia Andreana, venuta sulla porta, consigliò suo figlio di recarsi nello stazzo.
Dopo qualche esitazione Andrea s’avviò col servo. Era una notte tiepida, velata; la luna calava dietro tenui vapori bianchi; nella pianura solitaria non si udiva un rumore, non si muoveva una foglia; l’aria olezzava d’un fresco odor di narcisi.
Andrea e il servo camminavano silenziosi, a grandi passi.
Pensieri vaghi e strani saltellavano, per dir così, nella mente di Andrea. Egli guardava ogni tanto la figura del servo, nera in quell’albore di luna velata, e si chiedeva:
— A che pensa quest’uomo? Perchè è venuto a chiamarmi? Che concetto ha di me? Io non lo conoscevo, prima d’ora, ma chissà quanto egli avrà pensato a me, al bastardo del suo padrone!
— Ah! — disse poi fra sè, — io non penso che forse in questo momento “quell’uomo„ muore; sia pure vittima del suo vizio, ma muore. Egli è mio padre, ed io non sento alcuna pietà di lui! Vuol dire che io non lo