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s’addormentò d’un sonno pesante, e per tutta la sera i servi bevettero e fecero gazzarra alla salute del padrone.
Verso le dieci di notte Andrea, che stava già a letto e voleva partire l’indomani, fu svegliato da forti colpi battuti alla porta della casetta.
S’alzò, guardò, vide con meraviglia che un paesano batteva disperatamente alla porta, e gli domandò che cosa voleva.
— Vengo dallo stazzo, — disse Nofre. — Zio Larentu Verre sta per morire. Venga, vossignoria; c’è un gran chiasso nello stazzo.
— Cosa c’è stato? — chiese Andrea.
— Ecco, zio Verre s’è ubbriacato, poi s’è svegliato, ha bevuto ancora ed è andato a letto. Poco dopo si sveglia ancora; grida, chiama aiuto, cade per terra, si contorce come un gatto....
— È il delirium tremens, — pensò Andrea. Poi chiese: — È venuto il medico? Che ha detto?
— Sì. Ha detto di chiamare la vossignoria, perchè zio Verre, se gli vengono altri due accessi, muore. Venga, ci faccia questa carità!
— Io non vengo. Cosa posso far io? — disse Andrea quasi adirato.