Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/69


appollajato sulla sua alta cavalla, dalla quale spesso minacciava di cadere. Se vedeva Andrea lo salutava, gli diceva:

— E quando ti lasci vedere dunque? Domani?

— Domani, — rispondeva Andrea, freddo e indifferente.

Questo domani non arrivava mai.

Quasi ogni giorno il Verre mandava regali a suo figlio: formaggio fresco, agnelli, burro, miele; zia Andreana riceveva tutto di buon cuore; la gente mormorava, diceva che Andrea era venuto in paese appunto per costringer suo padre e sua madre a sposarsi.

Andrea invece, assorto nei suoi sette cieli, non si accorgeva di nulla: con Orazio fra le mani, sognava davanti alla diafana profondità dell’orizzonte, e gli sembrava d’esser infelice perché mai avrebbe potuto comporre versi come quelli d’Orazio!

Un giorno però si scosse dal suo torpore.

Il tempo s’era mutato. Nuvole mostruose gravavano sull’orizzonte grigio, e il vento spogliava crudelmente i rami fioriti del susino.

— Sono uno stupido — pensò Andrea. — Perchè lascio passare il tempo così? Bisogna ripartire. Se non sarò Dostojewsky od Orazio,