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“Andrea, L. V. è qui da me: ha le migliori intenzioni del mondo, e desidera vederti. Vieni, ti aspetto, vieni subito.

“Tuo Tedde.„


Egli andò.

Il Tedde e zio Larentu sedevano nella stanza da pranzo, davanti al tavolo su cui brillava un’anforetta di cristallo piena di acquavite.

Andrea guardò suo padre, guardò l’anforetta, poi fissò gli occhi sdegnosi negli occhi del maestro, il quale rispose con uno sguardo eloquente, e con un lieve movimento delle mani, che significava:

— Cosa vuoi? Era necessario!

— Ecco il nostro professore! — disse poi il maestro, volgendosi a zio Larentu.

Il Verre guardava Andrea, esaminandolo da capo a piedi.

— Perchè non mi stringi la mano? — gridò, accavalcando una gamba sull’altra. — Eppure hai le scarpe rotte, e i tuoi gomiti chiedono misericordia. 1

Andrea porse la mano, in silenzio, poi se-

  1. Espressione locale: si dice d’uno le cui vesti son lacere.