Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/34


mandò poi. — Io sono un ragazzo. Che ho provato io, che ho veduto io? Nulla; ho sempre vegetato. Dostojewsky ha sofferto, era epilettico, ed è tutta la sua sofferenza, tutto il fosforo del suo terribile cervello, tutta la febbre della sua esperienza che palpita nelle sue pagine: egli deve aver commesso il delitto di Raskolnikoff, e deve aver provato tutti i tormenti del castigo, per aver potuto fare questo libro. Come non avrebbe scritto il Sepolcro dei vivi senza esserci stato.

Fu in questo momento, appena formulata questa idea, che Andrea Verre ebbe il mostruoso pensiero di commettere un delitto, per studiarne le impressioni e scriverne poi un’opera potente.

La figura di zia Coanna ritornò. L’impressione fu così forte che per qualche istante Andrea dimenticò ogni altra cosa. Il cuore gli pulsò con violenza; fu un momento di ansia e di terrore....

Poi tutto dileguò. Egli rise di sè, si chiamò pazzo, cercò di addormentarsi.

Passò una notte agitata. Sognò, si svegliò, poi sognò ancora, e nel secondo sogno gli pareva di esser sveglio, ricordava il primo sogno, e ricordava il sogno di Raskolnikoff,