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mentre soffia il levante 311


ardenti occhi d’un turchino verdognolo, grandi come due mandorle mature.

Era dunque la vigilia di Natale: una giornata grigia, annuvolata, ma tiepida: spirava anzi un vento di levante che portava il lontano e snervante tepore del deserto e come un umido odore di mare. Pareva che di là dalle montagne, sulle cui chine verdeggiava la fredda erba d’inverno, e di là dalla valle, ove i mandorli troppo precocemente fioriti si scuotevano, gettando quasi con dispetto al vento i petali bianchi come falde di neve, ardesse un gran fuoco, del quale non si scorgessero le fiamme, ma arrivasse il calore. E le nuvole che s’affacciavano sulle cime dei monti e incessantemente salivano e si spandevano sul cielo, sembravano formate dal fumo di quel fuoco invisibile. Le campane suonavano a festa; la gente, resa un po’ strana dal levante, girava per le strade e per le case, ideando come riunirsi per festeggiare il Natale; le famiglie si scambiavano regali di porchetti, di agnelli autunnali, di carne, di dolci, di frutta secche; i pastori recavano ai padroni il primo latte delle vacche, e la padrona rimandava al pastore il recipiente colmo di legumi o d’altro, guardandosi bene dal ri-