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256 | il fermaglio |
narsi per il silenzio di Francesco ella si slanciò nella grande cucina deserta e cominciò a frugare.
— Niente; niente; si sa, non mi lasciano mai niente, quei brutti! — ella gridò; ma dovette poi trovare qualche cosa, perchè dopo un momento Francesco non udì più il rumore dei cassetti aperti e dell'armadio sbattuto. Silenzio. Solo in lontananza, al di là della siepe che chiudeva lo sfondo luminoso del campo, una gallina faraona sgranava il suo canto chiacchierino.
Francesco cuciva, cuciva intrecciando uno spago verde con uno spago rosso. Il colore terreo del suo viso e dei suoi capelli rugginosi si confondeva col colore delle saggine. Egli sognava, così, nel silenzio dell'ora: rivedeva una barca attraversare l'acqua lucente del fiume; e nella barca una donnina dai capelli neri, dal viso bianco e la bocca rossa, che andava via, lontano, lontano. Ella, però, doveva tornare. Ella, però, non era tornata più….
Nella camera attigua risuonò una tosse rauca e stentata come quella d'un cagnolino raffreddato: era la vecchia nonna che si svegliava.
— Eh, Speranza?
Nessuna risposta.