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238 | il vecchio servo |
sulla spalla. Formavano un bellissimo gruppo: Basile, coi suoi occhi neri lucenti come more, i lunghi capelli rossicci e la giacca di pelle, pareva un piccolo S. Giovanni: il nonno, che ancora conservava la barba rossiccia, e aveva gli occhi neri lucenti, vestiva di pelo come un vecchio eremita.
E come in certe vignette bibliche,1 un lungo cane, sdraiato davanti alla capanna, vigilava il gregge pascolante; un corvo addomesticato correva di tanto in tanto a beccare le mosche che si posavano sul cane, una farfalla rossastra volava dalla capanna alla quercia.
Il verde piano dormiva sotto il gran sole di maggio; dalle alte erbe sorgevano altissimi fiori gialli e violetti, che a Basilio, quando si sdrajava sull’erba, pareva toccassero il cielo: attraverso le quercie apparivano lontananze azzurre, campi indorati dall’orzo maturo, montagne rosseggianti per la fioritura del musco.
— Basile, — disse il nonno, — va e chiama Sidru. Digli che devo parlargli.
- ↑ Il lettore si meraviglierà di trovare tanti servi e tante serve in queste novelle: ma il servo, in moltissime famiglie sarde, è, appunto come nei tempi biblici, un personaggio importante, quasi un membro della stessa famiglia.