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226 padre topes


La notte era chiara, tiepida, dolce e fragrante come una notte di giugno. Frate Topes avrebbe voluto dormire all’aperto, ma aveva le bisaccie già colme e temeva lo derubassero. I tempi erano tristi; nel mondo c’era molta gente buona, ma anche molta gente cattiva. Eppoi egli si sentiva stanco, assonnato, bisognoso di riposo e di sicurezza.

Battè alla prima porticina che vide. Gli fu subito aperto da una donna alta e bella, bruna con gli occhi azzurri, che rassomigliava alla fanciulla incontrata vicino alla fontana.

— Che volete? — chiese ella bruscamente, guardandolo meravigliata.

— Così e così, — egli disse ciò che desiderava.

La giovine donna esitò un momento, corrugando le foltissime sopracciglie nere; poi introdusse il frate ed il suo cavallo carico in un cortiletto attiguo alla casa.

— Io sono una donna sola, — disse, aiutando a scaricare le bisaccie, e ridendo un po’ beffarda, — ma spero che la gente non mormorerà, se vi faccio dormire qui.

— No, di certo! — rispose frate Topes sorridendo. — Ad ogni modo me ne andrò prima dell’alba. Dormirò magari qui nel cortile.