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il quale di notte piangeva e si martoriava perchè di giorno non poteva far a meno di ubbriacarsi.

Una volta, però, padre Topes cadde in peccato mortale. Ed ecco come.

Un giorno, ai primi d’aprile, mentre il piccolo frate stava alla finestra contemplando il cielo azzurro tempestato di piccole nubi che parevano foglie di rose, fra Chircu lo chiamò e gli ordinò di partire l’indomani per la cerca.

Di solito, in quel tempo dell’anno, i sardi sono molto poveri, ma ai frati dànno sempre qualche cosa.

Frate Topes partì la mattina per tempo: il cielo era tutto argenteo, il bosco umido, le foglie secche e brune che coprivano il suolo brillavano di rugiada.

Un soave odore di violette e di narcisi avvolgeva il frate, che sorrideva beato. Ah come si sentiva felice di viaggiare! Avrebbe visitato tante belle chiese, avrebbe visto il vescovo di Nuoro solenne e bello come un santo apostolo.

Basta, arrivato in fondo alla montagna, davanti al villaggio nero e silenzioso come una cava di schisto, il frate si riposò sotto i bassi rami di un elce, vicino al quale gorgogliava