Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
padre topes | 223 |
Topes la grandiosa bellezza, la solitudine divina del luogo? Sentiva le acute fragranze del musco e delle piante aromatiche, che salivano dai boschi al cader della sera, quando la luna nuova, rossa come una ferita sul cielo violetto sfumante in rosa, in lilla, in glauco, calava sulle montagne della natìa Barbagia; quando le roccie, al crepuscolo, biancheggiavano quasi di una luce propria, e tutto il bosco aveva fremiti, riflessi, mormorii arcani; e tutta la montagna pareva assorta in un sogno d'amore?
Chissà? Fatto sta che egli rimaneva ore ed ore alla finestra, anche dopo che gli uccelli s'erano ritirati nel bosco e nei nidi sulle roccie; e guardava “rapito in estasi„ il magnifico orizzonte; e anche d'inverno, quando le nuvole e la nebbia stringevano la montagna, il piccolo frate usava affacciarsi alla finestra, col musetto livido e screpolato dal freddo, e guardava in lontananza, gettando briciole ai corvi che venivano dalle nuvole e tornavano fra le nuvole.
— Grazie, grazie, grazie, — pareva dicessero i corvi col loro grido rauco, salutando lo strano fraticello.
— Egli diventerà santo; santo come san Francesco, — diceva fra Chircu, il guardiano,