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dre, una fiera e miserissima vedova, avrebbe preferito ch'egli seguisse la via del padre, piuttosto che vederlo farsi frate.

Padre Topes, dunque, il cui vero nome era padre Zuànne, pregava, taceva, e lavorava continuamente. La mattina per tempo egli mungeva le poche capre possedute dai frati, poi zappava nell'orto, cucinava, lavava le stoviglie, andava ad attingere acqua dal pozzo e dalle fontane. Nel pomeriggio stava lunghe ore alla finestra, gittando briciole di pane agli uccelli che volteggiavano intorno al suo corroso davanzale di pietra.

Una infinita solitudine avvolgeva il piccolo convento nerastro che cominciava a cadere in rovina: boschi millenarii di elci, roccie dai profili strani, che nei crepuscoli glauchi parevano enormi teste di sfingi; cespugli di agrifoglio e di felci di un verde giallognolo circondavano il convento e coprivano i fianchi della montagna piramidale. Dalla finestruola di padre Topes si godeva un immenso orizzonte, si vedevano montagne violacee sul cielo che cangiava colore ogni momento, e all'alba pareva soffuso di latte azzurrognolo, e al tramonto ardeva come lamina d'oro arrossata dal riflesso d'un fuoco potente. Sentiva padre