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che quasi tutte le persone riunite nel cortile e nei corridoi, per lo più vestite miseramente o con quella decenza melanconica che rasenta la miseria, prendevano un’aria beffarda, forse per nascondere un interno sentimento d’ansia. Molti fingevano d’esser entrati per curiosità; altri consultavano foglietti e numeri; vicino a Carina un vecchietto con un lungo soprabito a scacchi contava lentamente sulle dita, agitando le grosse labbra livide.

Figure della mala vita, dal berretto a visiera e il bavero del soprabito rialzato, apparivano e sparivano fra i gruppi del cortile, nell’atrio sempre più affollato, nei corridoi sozzi di sputi e appestati dal fumo dei sigari grossolani: e nella folla incolore spiccava la camicetta rossa d’una signora elegante, e si scorgeva un profilo di vecchio ebreo, una testa caratteristica emergente da un colletto di vecchio pelo giallo, e si notavano figure di bimbi incoscienti, e timide figure di donnicciuole borghesi dall’abito consunto che si tiravano indietro, appoggiandosi ai muri e guardando con vago timore la folla beffarda e la ruota dell’estrazione.

Nel mezzo del cortile, sul lastrico verdognolo d’umidità, due cestini d’arancie parevano bracieri colmi di fuoco; il venditore guar-