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nuvole d’oro, simili a barche luminose, se n’andavano anch’esse, dileguandosi in un mare di tristezza.

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Anche il giornale respinse il manoscritto. La Primavera non era un romanzo adatto per appendice, e forse neppure per volume da pubblicarsi in Italia! Il pubblico italiano, leggendo un romanzo o assistendo ad un lavoro teatrale, ama ridere o commuoversi fortemente. Ora La Primavera era una storia di felicità, lo studio di un’anima tranquilla; faceva pensare ma non commoveva. No, l’autrice s’ingannava credendo che il pubblico, stanco di soffrire nella realtà, provasse refrigerio e riposo leggendo una storia serena. No, il “lettore„ è un grande egoista che come si conforta crudelmente nell’apprendere le disgrazie altrui, così chiede al libro, al teatro, alla cronaca, una storia di dolore od una farsa divertente. La felicità altrui lo annoia e lo irrita. Insomma è una deità crudele ed ha bisogno di vittime, vittima anch’essa di un feroce destino!

Queste tristi cose lesse Carina attraverso le