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palco della banda; le vetture non circolavano più, ferme una dietro l’altra, coi cristalli ed i fanaletti splendenti al riflesso del magnifico tramonto. Nei viali s’aggirava un numero straordinario di signorine eleganti, più o meno belle, quasi tutte con gli occhi vaganti dietro sogni e ricerche amorose.

I Goulliau e Calzi trovarono posto in una panchina vicina alla terrazza, e Teodoro cominciò a fare delle considerazioni filosofiche sulla folla che passava:

— Quanti odii e quanti amori, quanti vestiti e cappelli nuovi, quanta apparenza, quante perfidie e quanti sacrifizi, quante donne e quanti uomini, quante invidie e quante cambiali! E quanta canaglia!

— E noi siamo nel numero! — osservò Goulliau, tirandosi i pantaloni sui ginocchi.

— E va benissimo. Siamo nel numero. Sai cosa ho fatto oggi? Ho rifiutato.

— Un matrimonio?

— Senti, senti, accidenti come indovini! Sì, un matrimonio: trentasei anni, bellissima; pagamento immediato dei miei debiti, e trentamila in contanti. Inoltre, cugina d’un pizzicagnolo mantovano quasi milionario, e sua presunta erede.