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i giuochi della vita 193


Spalancò la finestra della camera e guardò in giù. La notte era oscura e fredda: arrivava solo, fino ai giardini, un barlume di luce dai fanali gialli delle Quattro Fontane e dalle finestre illuminate del palazzo Barberini: le foglie stridevano al vento come piccole onde risuonanti in una fredda solitudine. Sotto il cielo fosco e uniforme, Roma illuminata delineavasi nettamente, giallognola sullo sfondo del tenebroso orizzonte.

Carina s’assicurò che nessuno poteva vederla, prese il cagnolino e lo buttò giù. Poi chiuse rabbrividendo la finestra e scoppiò nervosamente in pianto.

*

Sì, qualche volta ella aveva paura di diventare nevrastenica per il tormentoso lavorìo del suo cervello in rivolta. Non era già stato un segno di malattia il delitto contro l’innocente cagnolino che l’aveva divertita e le aveva fatto compagnia per tre settimane? E perchè poi aveva pianto, cosa che non le accadeva mai? Era ella anormale come i quattro quinti delle donne? Ah, no, no, ella non voleva essere anormale, ella voleva prendere la vita quale