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192 i giuochi della vita


ceva, deve essere ben misero se io sono costretta a parlare con lei.

Questo colpo, veramente, umiliò il Calzi, che lo parò più che mai trivialmente. Disse:

— Il suo stato è troppo interessante perchè io debba darle il dispiacere di risponderle come si merita. Vada, vada a letto, e buona notte. Tanti saluti alla serva. Vieni tu, Goulliau? Buona notte, signora Caterina.

— Vado un momentino, poi torno subito, — disse il giovane a Carina.

Ma dopo un minuto rientrò, lasciando la porta aperta, mentre Carina deponeva sulla poltrona il cagnolino addormentato.

— Senti, — le disse, — Calzi vuole il cagnolino: vuol fare una burla, suonare al rez-de-chaussèe e consegnarlo al domestico che aprirà.

— No! — gridò Carina. — Sei uno stupido; va via!

— Scusami, sai! — diss’egli, un po’ ironico. — Credevo che tu volessi fare un piccolo sacrifizio

Carina s’ irritò più per queste parole del marito che per il tagliente alterco avuto col Calzi: un’ombra livida le passò sul volto, una vertigine di rancore e di angoscia le offuscò la mente.