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164 i giuochi della vita


doro Calzi, pieno di meraviglia. — Come è lungo? Molto?

— No, è piuttosto breve; quasi una novella, ma originalissimo. Ho letto pochi romanzi così perfetti, — rispose Goulliau.

— Io lo venderei, — disse Teodoro, fattosi pensieroso. — Un avviso sulla Tribuna. C’è sempre della gente che ha soldi da buttare. Giacchè l’editore non si trova!

— Calzi! — disse inorridito Goulliau, pensando a Carina. — Se ella ti sentisse!

— Ella è un altro paio di calzoni! — esclamò Teodoro non senza un certo disprezzo. — Le donne non ragionano mai. Accidenti, centosessantotto gradini! la torre del mio paese ne ha la metà.

Eran giunti.

— Che puzza! — disse Calzi entrando nella piccola anticamera buia: — non aprite mai le finestre, voi? eppure qui dell’aria ce n’è.

— Ma che puzza d’Egitto! — esclamò Goulliau, cominciando ad irritarsi davvero. — Dov’è la puzza? Sono i fiori che Carina ha portato da Ponte Nomentano.

— Fiori o non fiori, — riprese l’altro alzando la voce, — qui c’è un odore orribile, e se non apri la finestra io non entro.