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per riflesso | 9 |
Andreana non vide nulla, e dopo aver salutato tacque, confusa e commossa.
Ma a poco a poco riprese coraggio e si guardò attorno. La cucina era ben sempre la stessa, intonacata con terra gialla, e quasi a metà occupata dal forno: nell’angolo dietro la porta pendeva sempre il fucile; un po’ più in là stava attaccata ad un chiodo una gonna d’orbace della vecchia serva, vicino alla gonna un tagliere di legno con l’incavo per metterci il sale. Ecco, il focolare di granito era sempre nel centro della cucina; attraverso il vetro sporco della finestra si scorgeva uno dei pochi soveri che sorgevano per la pianura. I cani abbaiavano sempre. Ah, ecco, ella ricordava uno per uno i vecchi cani dello stazzo: quello che nell’abbaiare sembrava un fanciullo rauco piangente, era Maccioni, il cane rosso favorito di Larentu. Ah, le donne facevano il pane? Ella conosceva gli arnesi che adoperavano; solo una pala di legno bianco era nuova. E zia Coanna era sempre la stessa, la vecchia strega, con gli occhietti di faina e le mani adunche, gialle come zampe d’astore. Due persone sole erano nuove per Andreana, in quell’ambiente conosciuto: il piccolo Andrea sedutole accanto, e Millèna seduta davanti al