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illuminata dai grandi fiori strani dei fanali gialli. Carina osservò ogni cosa e si sentì stringere il cuore da una tristezza profonda. Il chiacchierìo del signor Calzi le urtò i nervi come lo stridere di un ferro arrugginito, tanto che sentì il bisogno di dire qualche insolenza

— Signor Teodoro, — chiese, — perchè non si suicida, lei? Che fa nella vita?

L’uomo la guardò stupito; poi guardò Goulliau e vedendolo ridere si mise un dito sulla fronte e scosse più volte il capo.

Entrarono nell’atrio principesco del palazzone ove i Goulliau abitavano: una fontana mormorava in fondo al cortile, una grande lampada splendeva fra le colonne di marmo dell’ingresso maestoso. Ogni volta che Calzi attraversava quell’atrio sentiva una specie di reverenza, quasi attraversasse un tempio, e si fermava a guardare i gradini marmorei del res — de — chaussèe, e una nicchia ove biancheggiava una statua di pessimo gusto.

Anche questa volta si fermò, e Goulliau con lui: Carina andò avanti per vedere se presso il portiere c’era qualche lettera per lei.

— Chi ci sta qui? — chiese Teodoro Calzi con sempre nuova meraviglia. — Accidenti,