Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
128 | la morte scherza |
Un odore di stoppie, di giunchi lontani, di eriche inumidite dalla notte veniva con qualche soffio di vento. Non s’incontrava anima viva; solo verso sera un pastorello che guardava il suo gregge era apparso nello sfondo del paesaggio. Dopo che uno dei guidatori dei carri, un vecchio contadino, aveva giudicato dal corso delle costellazioni delle Orse e del Drago che potevano essere le dieci, tutti i viaggianti tacevano entro i carri; anche i due bimbi lattanti, dopo aver un poco strillato, dormivano sul seno delle due spose robuste come elci.
Oltre i guidatori dei carri, solo zia Areca,1 una ricca proprietaria ottantenne, vegliava entro il suo carro, ripetendo il milionesimo dei rosarii recitati durante la sua vita. Da quanti e quanti anni ella non dormiva! Non sapeva più neppure cosa fosse il sonno vero e profondo; solo verso l’alba la coglieva un vago sopore, attraverso il cui velo ella sentiva egualmente le sofferenze del suo corpo, metà paralitico, metà piagato.
Zia Areca stava sola nel suo carro trasformato in letto, che precedeva gli altri per evi-
- ↑ Greca.