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prime avventure di giaffà 17


Pan-a si vide perduta.

Il Mandarino la fulminava coi suoi occhietti storti, ed era cosí sdegnato che il codino gli andava su e giú come una coda di gatto arrabbiato. Invano la povera vedova faceva osservare come Giaffà fosse idiota, come era impossibile che una statua comprasse tela, e via via: alla fine accennò al modo col quale Giaffà aveva chiuso la porta, e il Mandarino, vistala davvero appoggiata alla parete della sala, fece una smorfia che poteva esser un sorriso. Ma tutto ciò non lo convinse.

Stava anzi per pronunziare la terribile sentenza, annunziando che se le monete non venivano consegnate, avrebbe esiliato, oltreché bastonato, madre e figlio, quando una strana risposta di Giaffà salvò tutto.

— Dimmi, — domandò il Mandarino, — sai precisarmi il giorno in cui hai trovato il tesoro? —

Giaffà pensò: poi rispose con sicurezza:

— Sí! Era il giorno che pioveva fave cotte e lardo! —

Il Mandarino fece una serie di smorfie una piú orribile dell’altra — rideva a piú non posso — e pienamente rassicurato della stoltezza di Giaffà, rimandò liberi Pan-a, piú morta che viva, e il