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110 | grazia deledda |
— Che cosa fai Giaf... Agara! — esclamò indignato l’amico.
— Come? — rispose con aria sciocca Giaffà.
— Tutte le altre volte non mi hai detto nulla, anzi ti sei messo a ridere... E, dimmi, quello scimunito di Giaffà che cosa fa?
— Ma non so, poveretto,.... caro Agara. Credo che sia malato.
— Eh, sí!: si fa presto ad ammalarsi. — Poi gli divorò un cestino di banane sporcando a destra e a sinistra con le buccie come usava fare Agara. (Voi ricordate bene, lettori, che Giaffà era diventato di una educazione esemplare). Fece per uscire. Ma sulla veranda si fermò e disse con voce piagnucolosa:
— Perché non mi presti dieci soldoni? Al tuo devoto.... —
L’amico sapiente fu per gridare: «Ma tu sei ricco Giaffà!». Si contenne.
— ... al tuo devoto Agara?
— Non li ho.
— Possibile che tu non abbia dieci soldoni da prestare al tuo Agara che muore di fame? — seguitava Giaffà baciandogli la veste e inchinandosi