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— Ah, nulla! — ella disse, irrigidendosi. Poi si volse a Pietro, gli sorrise, badò a lui solo. Elias balzò in piedi, s’allontanò; ma invece di fermarsi di nuovo al focolare del priore uscì fuori e sedette nel cortile. Sentiva un’angoscia confusa, febbrile, un desiderio di mordersi i pugni, di gridare, di gettarsi per terra e piangere. Eppure, nell’ebbrezza del vino e della passione, serbava ancora coscienza di sè, e pensava:

— Io mi sono innamorato di lei; perchè me ne sono innamorato, San Francesco mio? Aiutatemi, aiutatemi voi! Io sono un pazzo, San Francesco mio, ma sono così infelice!

Dalle cumbissias venivan fuori, vibranti nel silenzio della notte tiepida e pura, confusi rumori di voci e di canti, di grida e di risate. Elias distingueva la voce di suo padre, il fischiettare di prete Porcheddu, il riso di Maddalena, e fra tanta festa si sentiva triste, disperato, come un bimbo lasciato solo nella selvaggia solitudine notturna della brughiera.