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al mare. Il sole cominciava a batter forte; e i rozzi cavalieri nuoresi cominciavano a bere, per “rinfrescare la gola„, fermando di tratto in tratto i cavalli e arrovesciando il viso sotto le zucche incise dove tenevano il vino. Una grande allegria era in tutti. Alcuni spronavano ogni tanto i cavalli, slanciandosi ad un agile galoppo, poi ad una corsa sfrenata, arrovesciandosi un po’ indietro, emettendo grida selvaggie di gioia.
Elias li seguiva con occhio fisso, e il suo viso s’illuminava; anche lui aveva voglia di gridare; sentiva un brivido per le reni, un istintivo ricordo di corse lontane, un bisogno di slanciarsi ancora all’agile galoppo, alla corsa inebbriante e libera; ma il braccino sottile di zia Annedda gli legava la vita, ed egli non solo frenava il suo istinto d’uomo primitivo, ma rimaneva assai indietro a tutti i cavalieri, perchè la polvere da essi sollevata non offendesse la vecchietta.
Finalmente cominciarono a salir la montagna. Fitte macchie di lentischi salivano e scendevano tra il fosco brillar dello schisto, costellata di rose canine in piena fioritura.
L’orizzonte stendevasi ampio e puro, il vento odoroso passava ondulando le verdissime bru-