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pulir la farina ed a fare il pane da portarsi alla novena. Una parte di questo pane fu, da un messo del priore, recato in dono agli ovili della campagna nuorese. Ad ogni ovile un pane. I pastori lo ricevevano con devozione, o in ricambio davano quanto più potevano dei loro prodotti: alcuni anche denaro e agnelli vivi: altri promettevano di donare intere vacche che andrebbero ad aumentare gli armenti del Santo, già ricco di terre, denari e greggie. Quando il messo arrivò nell’ovile dei Portolu, zio Berta si scoprì il capo, si segnò, bacio il pane.
— Ora non ti dò nulla, — disse al messo, — ma il giorno della festa io sarò là, presso la mia piccola moglie, e porterò al santo una pecora non tosata e tutta l’entrata (il prodotto) di un giorno delle mie greggie. Zio Portolu non è avaro e crede in san Francesco, e San Francesco lo ha sempre aiutato. Ora va con Dio.
Zia Annedda intanto continuava i suoi preparativi: fece del pane speciale, biscotti, dolci di mandorle e miele; comprò caffè, rosolio, altre provviste. Elias seguiva con occhio affettuoso l’affaccendarsi calmo di sua madre: talvolta l’aiutava. Egli non usciva quasi mai