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della loro tanca, Elias gli raccontava molte cose di quel luogo. Tra l’altro diceva:
— Ci portavano sempre a messa, ci facevano confessare e comunicare spesso. Ah, laggiù si è buoni cristiani. Il cappellano era un santo uomo. Io gli dissi una volta, in confessione, che avevo studiato fino alla seconda ginnasiale, che poi mi ero fatto pastore, ma che molte volte mi ero pentito di non aver continuato a studiare. Allora egli mi regalò un libro, scritto da una parte in latino e dall’altra in italiano, il libro della settimana santa. Io l’ho letto più di cento, che dico? più di mille volte: e l’ho portato qui, anche. Lo so leggere tanto in latino che in italiano.
— Allora tu sei un sapientone!
— Non quanto voi! Però ho il timore di Dio.
— Ebbene, quando si teme Dio si è più sapienti dei re, — diceva zio Martinu.
Qui il sogno di Elias si confondeva, s’intrecciava con altri sogni più o meno stravaganti.