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— Eh, eh, quest’idea mi è venuta qualche volta in quel luogo! — gridò Elias.
Si scosse, si svegliò e provò un brivido di freddo.
— Mi sono addormentato qui, — pensò sollevandosi. — coglierò qualche malanno.
Entrò in cucina un po’ barcollando: il padre e i fratelli dormivano pesantemente sulle loro stuoie; un lume ardeva posato sulla pietra del focolare. Per Elias, poveretto, così deboluccio, era stato preparato un letto in una cameretta terrena. Egli prese il lume, attraversò una stanzetta nella quale, sopra larghe tavole, stava una grande quantità di formaggio giallo e oleoso che esalava un odore sgradevole, ed entrò nella cameretta.
Si spogliò, si coricò, spense il lume. Si sentiva la schiena rotta, il capo pesante: eppure non gli riusciva di addormentarsi, di nuovo oppresso da un dormiveglia quasi affannoso, pieno di sogni confusi. Vedeva ancora la tanca, il fieno, le pecore grosse di lana gialla intricata, la linea verde del bosco vicino. Zio Martinu era ancora là; ma stava adesso accanto al muro, alto, rigido, sporco, maestoso.
Ritto anche lui accanto al muro, dalla parte