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estraneo, nell’avvenire del suo bambino? No, no, egli non avrebbe mai permesso che colui s’immischiasse nella vita e nel destino del suo figliuolo. Ma, anche questo era un sogno; la realtà lo incalzava già con le parole di zio Portolu, il quale diceva al piccolo Berte:

— Ah, tu vuoi farti pastore, piccolo colombo? E perchè vuoi farti pastore? Non sai che i pastori dormono spesso all’aperto e soffrono il freddo? Vedi zio Elias? S’è fatto prete; perchè se fosse rimasto pastore sarebbe morto di freddo. No, ti faremo dottore, non pastore. Eh, non comanderai tu! C’è zio Farre che ti farà filar dritto, e se farai da cattivo zio Farre non scherzerà.

— E cosa è quello? — domandò Berteddu, indicando un albero, senza ascoltare le parole del nonno.

Ma le aveva ascoltate Elias, quelle energiche parole, e s’era sentito colpito nell’anima.

Da quel giorno la sua gelosia crebbe morbosamente: invano egli cercava di dominarsi, invano pensava:

— Jacu Farre avrà dei figli, ed allora dimenticherà e forse disamerà il mio: allora Berte sarà tutto mio: lo prenderò in casa, gli farò seguire una buona via, lo renderò felice.