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lo serravano in cerchi insidiosi. — No! no! no! — ripeteva sempre, e scacciava i desideri vani, le immagini fatali, e si metteva a pregare ed a studiare; ma quasi sempre, anche scacciati via cento volte, cento volte i tristi sogni tornavano.

Una notte egli studiava l’epistola di San Paolo ai Romani; era una notte d’aprile, limpida, lunare. Per la finestra aperta entrava l’aria soffusa di dolcezza, e si vedeva una vivissima stella oscillare sul cielo di cristallo. Elias si sentiva più triste del solito; la vita lo tentava e gli parlava e lo assaliva col soffio puro di quella notte d’aprile; ricordanze ineffabili gli tornavano al pensiero, e nel suo sangue, col rinascere della primavera, pareva germogliasse qualche cosa di nuovo e di inquietante.

— No, no, no.... — ripetè tra sè, scuotendo il capo come per scacciarne i molesti pensieri. — Bisogna dimenticare ogni cosa; studiare, andare avanti, Elias Portolu. — Si strinse la testa fra le mani e s’immerse nella lettura: intorno era un profondo silenzio, e solo in lontananza, ma molto lontano, quasi veniente dalla remota campagna, ondeggiava un melanconico canto nuorese. Elias leggeva, ri-