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— Ella sa! — pensò egli con dolore.
— Ma stamattina stavi già un po’ meglio. Tuo fratello s’è sposato alle dieci.
— Essi non sanno nulla!
Ma questo pensiero non bastò a sollevarlo dall’indicibile dolore che le parole della madre gli davano. Perchè in fondo egli sperava ancora: che cosa sperava? Non lo sapeva neppur lui; sperava l’ignoto, l’impossibile, ma sperava.
Ora tutto era finito. Chiuse gli occhi e non aprì più bocca, e non sentì oltre le parole della madre. Si sentiva tutto il corpo indolenzito e pesante, immobile come una pietra, e gli pareva che se anche avesse voluto muoversi non avrebbe potuto.
Tutto era finito.
Zia Annedda lo lasciò ancora solo; nell’aprire ch’ella fece l’uscio, dalla cucina e dal cortiletto giunsero ad Elias più distinte le voci degli invitati, e qualche sommessa risata. Egli riaprì gli occhi, guardò le pareti ove moriva la melanconica luminosità del crepuscolo, pensò alla gioia degli altri, che non si davano pena per lui, e sentì più grave il suo grave dolore, la sua solitudine, la sua fine. E pianse silenziosamente, perdendosi in un dolore più oscuro della morte.